Comunicazioni digitali tra cittadini e PA: cosa succede dal 1 gennaio 2014?

comunicazionidigitaliDopo alcune note sulle comunicazioni digitali tra imprese e PA, ecco qualche spunto sulle comunicazioni digitali tra cittadini e PA: anche in questo caso il punto di partenza è segnato dal CAD, che all’art. 63 prevede che “A partire dal 1° gennaio 2014, allo scopo di incentivare e favorire il processo di informatizzazione e di potenziare ed estendere i servizi telematici, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 (e cioè le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché alle società, interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione),  utilizzano esclusivamente i canali e i servizi telematici, ivi inclusa la posta elettronica certificata, per l’utilizzo dei propri servizi, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze e atti e garanzie fideiussorie, per l’esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni.”

Come nel caso delle imprese, l’avvio della digitalizzazione anche per i cittadini è fissato con estrema chiarezza; la scadenza è stata introdotta con la L. di semplificazione (D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35).

Ma forse non tutto è come sembra: mentre nel caso delle imprese il pubblico di riferimento è comunque in possesso degli strumenti idonei per comunicare in modo digitale (PEC. Firma digitale, ecc.), nel caso dei cittadini siamo di fronte ad uno switch off “al buio”: ricordiamo infatti che mancano le disposizioni attuative sull’identità e sul domicilio digitale, che rappresentano un punto di partenza importante per poter comunicare attraverso gli strumenti telematici e con efficacia giuridica: tanto per fare un esempio, è come se si pretendesse di far scrivere una lettera ad una persona che non ha un recapito e non sa apporre la propria firma!

E infatti già dalla lettura dell’intero art. 63 si nota a prima vista come le successive modifiche del  legislatore hanno compromesso la coerenza interna dell’articolo: infatti mentre al primo comma si dice che “Le pubbliche amministrazioni centrali individuano le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità e nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo comunque presenti le dimensioni dell’utenza, la frequenza dell’uso e l’eventuale destinazione all’utilizzazione da parte di categorie in situazioni di disagio.”, al successivo comma 3 bis e 3 ter si fissa la scadenza del 1 gennaio 2014 in modo inderogabile, senza alcuna eccezione.

Credo invece che sia opportuna una lettura coordinata dell’intero articolo: nel rapporto tra cittadini e amministrazioni ci sono una molteplicità di casi in cui la persona che richiede un beneficio o comunque presenta un’istanza si trova in condizioni di disagio, o comunque non è in possesso di tutti gli strumenti per utilizzare il web (es. utenti dei servizi sociali, cittadini stranieri, anziani), quindi è opportuno contemperare le diverse esigenze, in modo da garantire comunque l’accesso ai servizi pubblici a prescindere dalla modalità di richiesta utilizzata (cartacea o digitale).

Appare quindi evidente l’esigenza di garantire comunque i servizi allo sportello, soprattutto nei Comuni di piccole dimensioni.

Un aspetto di non secondaria importanza è costituito dal fatto che in sono ancora pochi gli ambiti in cui sono disponibili dei servizi online: il vantaggio è che l’accesso avviene con user e pw, si compilano delle form online e l’istanza presentata in questo modo ha valore giuridico, in base a quanto previsto dall’art. 65 comma 1 lett. c) CAD; questa modalità di presentazione delle domande è senz’altro la più usabile, tenendo presente che i cittadini – tranne qualche rarissima eccezione – sono sprovvisti di PEC e di firma digitale.

Quindi in mancanza di uno specifico portale o servizio online, come si può presentare validamente un’istanza in modalità digitale dal 1° gennaio?

Si possono utilizzare questi strumenti:

- inviare la richiesta tramite la propria PEC e con firma digitale, oppure – se sprovvisti di firma digitale – si può allegare un documento di identità;

- inviare la richiesta tramite il proprio indirizzo mail e allegare il documento di identità.

L’adozione di specifici provvedimenti in merito alla digitalizzazione dei rapporti tra cittadini e PA è soggetto anche all’obbligo di pubblicazione sul sito web istituzionale entro il 1 novembre, come previsto dal comma 3 quater dell’art. 63 CAD: “I soggetti indicati al comma 3-bis, almeno sessanta giorni prima della data della loro entrata in vigore, pubblicano nel sito web istituzionale l’elenco dei provvedimenti adottati ai sensi dei commi 3-bis e 3-ter, nonché termini e modalità di utilizzo dei servizi e dei canali telematici e della posta elettronica certificata.” e ripreso anche dalle linee guida dell’ANAC (ex CIVIT) in tema di attuazione della normativa sulla trasparenza.

Da una rapida ricerca sul web, alcune Amministrazioni hanno pubblicato delle linee guida o dato indicazioni in merito: la Provincia Autonoma di Trento, il Comune di Bologna (rispetto alle procedure del settore edilizia privata) e il Comune di Modena.

Teniamo anche presente che – tra i tanti tasselli mancanti – non sono state ancora emanate le regole previste dal comma 3-quinquies, sempre dell’art. 63 del CAD: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata (…), da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le deroghe e le eventuali limitazioni al principio di esclusività indicato dal comma 3-bis, anche al fine di escludere l’insorgenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”

Cosa può fare un’Amministrazione per adeguarsi al CAD?

Sarebbe opportuno definire delle “regole transitorie” che, in attesa di una digitalizzazione più ampia,  diano la possibilità ai cittadini di presentare domanda per ottenere i servizi di cui hanno bisogno; infatti qualcuno ha parlato di “possibile convergenza tra l’esclusività digitale e la multicanalità”.

Il consiglio è di stendere un provvedimento che indichi:

  • la situazione di fatto: servizi online disponibili e di prossima attivazione;

  • le misure per garantire la digitalizzazione dei cittadini;

  • le regole transitorie

Sicuramente emerge anche la necessità di alfabetizzazione dei cittadini: tra le tante iniziative cito l’esperienza di “Pane e Internet” promosso dalla Regione Emilia-Romagna, che sta permettendo di avvicinare al web anche le categorie “ai margini della rete”, come i cittadini stranieri, gli anziani, i disoccupati, le casalinghe.

Inoltre è forte l’esigenza di strumenti e regole certe – la cd. Agenda Digitale, ma di questo se ne sta parlando molto negli ultimi mesi.

A mio parere, quando si affrontano argomenti di questo tenore e importanza, sarebbe necessario muoversi non sulla scia dell’emergenza, ma con una visione strategica e a lungo termine: per esempio, perchè non guardare cosa fanno quelli che hanno più esperienza in merito, e che possono insegnarci qualcosa?

Uno per tutti, cito il Governo britannico, GOV UK, il cui slogan è “Build services so good that people prefer to use them”.

Sul web sono stati pubblicati tutti i materiali per analizzare, disegnare e sviluppare i servizi online, in base a regole standard (“the new Digital by Default Service Standard”).

Quindi, invece di parlare genericamente di “digitalizzazione”, sarebbe meglio porsi l’obiettivo di avere degli standard di riferimento per costruire modelli di servizi online, partendo dalle esigenze degli utenti e in grado di rispondere ai loro bisogni.

Se non si ragiona in modo unitario, si corre il rischio di avere tanti livelli di digitalizzazione nel Paese, con servizi non uniformi e male o poco utilizzati dagli utenti.

Da questo punto di vista, il processo di digitalizzazione non consiste nel trasferire sul web le stesse procedure che si utilizzano con la carta, ma fare sì di avere delle vere semplificazioni (normative e procedurali) in modo da incidere positivamemnte sull’efficienza della Pubblica Amministrazione e rappresentare al contempo un’utilità per i cittadini.

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Un pensiero su “Comunicazioni digitali tra cittadini e PA: cosa succede dal 1 gennaio 2014?

  1. Sono dirigente dei Servizi demografici e conosco molto ben il problema dell’alfabetizzazione informatica dei cittadini: non tutti conoscono il web, posseggono gli strumenti e le conoscenze elementari per relazionarsi digitalmente con le P.A.
    Cittadini stranieri, disoccupati, anziani, casalinghe ecc.. che non usano il computer sono parte della collettività e dunque non è possibile opporre il rifiuto al rilascio di certificazioni in forma cartacea.
    Quindi condivido pienamente la necessità di un intervento legislativo che, nel prendere atto dello stato di fatto e partendo dalle necessità e dai bisogni dell’ utenza nelle sue variegate e articolate differenze, preveda non solo un regime transitorio della norma di cui si discute ma indichi anche altre forme e canali di relazione tra cittadini e P.A. e di erogazione dei servizi all’utenza.

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