All’inizio di agosto, AGID ha pubblicato le linee guida per il design dei servizi digitali della pubblica amministrazione, e la consultazione pubblica si è conclusa il 31 Agosto.
Il documento è ambizioso, ed è strutturato sotto forma di principi e strategie; i principi cardine devono ispirare la fase di progettazione e sviluppo dei servizi di nuova generazione: partire dal cittadino e dal soddisfacimento delle sue esigenze, rimuovendo tutti gli ostacoli che impediscono l’effettiva partecipazione civica, un dialogo costante finalizzato al miglioramento della performance, l’attenzione al design come tratto distintivo per la progettazione, assicurare affidabilità, semplicità e chiarezza, oltre a portare i tratti caratteristici dello stile italiano (progettualità, creatività, estetica) nella pubblica amministrazione.
Dieci le strategie che hanno invece l’obiettivo di accompagnare operativamente lo sviluppo dei nuovi servizi: dal coinvolgimento del cittadino alla sicurezza nell’utilizzo da qualsiasi dispositivo, alla valutazione e al costante monitoraggio dell’impatto sulla vita del cittadino.
Le strategie prevedono anche indicazioni su come evitare che i cittadini debbano fornire le stesse informazioni più di una volta, perdendo tempo e fiducia; prevedono inoltre una comunicazione chiara che utilizzi i canali più usati e diffusi, con la possibilità per il cittadino di accedere sempre ai propri dati, di controllarli e di correggerli, mantenendo un continuo dialogo che vada oltre il lancio del servizio.
I commenti registrati dalla piattaforma sono stati poco più di 50, in numero notevolmente inferiore a quelli pervenuti per il Piano di Open Governement, la cui consultazione si è chiusa lo stesso giorno.
Sicuramente il tema dei servizi online è più tecnico, ma per lo sviluppo digitale del Sistema Paese è fondamentale: infatti, nell’ultimo periodo alcuni esperti (qui e qui) hanno evidenziato che lo sviluppo informativo e tecnologico rende necessario che non sia più il cittadino a richiedere servizi, ma sia l’Amministrazione che – in base ai dati disponibili – comunichi alla persona le opportunità disponibili o i diritti che gli spettano.
Esaminando più nello specifico il contenuto delle Linee Guida proposte, una delle più importanti tra le strategie indicate è quella che afferma:
Crea solo processi necessari, elimina i doppioni che si declina in “Evita che i cittadini debbano fornire le stesse informazioni più di una volta, perdendo tempo e fiducia. Ogni processo deve essere pensato per essere quanto più semplice e usabile, sostituendo integralmente la vecchia procedura. Questo implica anche l’utilizzo e l’interoperabilità di tutti i sistemi infrastrutturali previsti dai documenti strategici nazionali.”
In realtà, il raggio di azione di questa strategia è molto più ampio, si declina nella necessità di colloquio e interfacciamento di tutti i dati contenuti nelle banche dati di interesse nazionale, elencate all’art. 60 del CAD:
a) repertorio nazionale dei dati territoriali;
b) anagrafe nazionale della popolazione residente;
c) banca dati nazionale dei contratti pubblici;
d) casellario giudiziale;
e) registro delle imprese;
f) gli archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo
f-bis) Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA);
f-ter) anagrafe delle aziende agricole.
La spinta alla centralizzazione di progetti importanti che coinvolgono tutte le PA italiane – come ad esempio ANPR – risulta ancor più giustificata se si riescono ad ottenere collegamenti con le banche dati che interessano procedimenti “trasversali”, i cui dati fanno riferimento a banche dati detenute da diverse Pubbliche Amministrazioni.
Quando si parla di collegamento con le banche dati, non si intende solo modalità di “pubblicazione dei dati”, ma la “verifica diretta del dato”: provando a fare un esempio, quando una persona presenta una richiesta alla PA – utilizzando un servizio online che rispetti il principio dichiarato da AGID – dichiara dati che vengono “automaticamente” verificati in tempo reale; come accade nella richiesta di cambio di residenza, in cui sono presenti dati riguardanti anagrafe, immobili, catasto, autoveicoli, ecc.; in questo modo, non è richiesto alcun accertamento successivo, i tempi dei procedimenti possono essere abbreviati e i controlli richiesti agli operatori diminuiscono drasticamente.
Tutto ciò è necessario soprattutto nei casi in cui i dati sono contenuti in banche dati di competenza di PA diverse; ora l’integrazione è presente solo quando le banche dati sono di competenza della stessa PA (ES. del Comune), ma è necessario che diventi un metodo condiviso con standard di riferimento per l’interconnessione, che possano essere utilizzati per tutti i servizi online disponibili.
Per raggiungere questo obiettivo, occorre definire strumenti tecnici che costituiscano standard di riferimento per l’accesso alle banche dati della PA: in questo momento esistono pochissime forme di colloquio, nella maggior parte dei casi le verifiche dei dati sono manuali, vanificando il vantaggio che darebbe la condivisione delle informazioni in rete.
Le banche dati di interesse nazionale, e non solo quelle, dovrebbero già avere a bordo degli strumenti di connessione e interscambio di dati, che possono essere utilizzati dalle altre PA, al momento della progettazione del servizio.
A che punto siamo con le modalità di interscambio tra le banche dati?
L’unico strumento nato con questa finalità è la cooperazione applicativa, che però non risulta aver avuto molto successo: il tema è stato ripreso in alcuni recenti articoli, che ne hanno evidenziato le criticità: il primo diAlessandro Osnaghi e il secondo di Alfonso Fuggetta, che occorre leggere per avere chiaro cosa è stato fatto in questi ultimi anni e che direzione prendere per progettare lo sviluppo.
Ovviamente, oltre alle modalità tecniche, qualsiasi regola che si rispetti richiede anche la definizione delle modalità organizzative, ovvero:
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CHI dà esecuzione alle Linee Guida,
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CHI si rende garante del rispetto della strategia indicata,
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e in definitiva, CHI coordina e controlla il processo di cambiamento,
facendo in modo non solo di individuare la soluzione tecnologica più corretta, facile e al passo con i tempi.
Ma soprattutto, cercando di abbattere i muri tra diverse Amministrazioni – ormai consolidati – che impediscono di realizzare ciò che la normativa sulla autocertificazione e semplificazione ha provato ad affermare già a partire dal 1968 in poi, con la famosa legge dell’autocertificazione, poi ripresa in tempi diversi e ora esplicitata nell’art. 43 del DPR 445/2000: in breve, occorre trasformare in realtà il principio dell’accertamento d’ufficio “dei dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri.”
Ovviamente, ed è stato scritto anche in alcuni commenti alla consultazione delle Linee Guida AGID, tutto ciò richiede la reingegnerizzazione dei processi: ma – per quanto difficile – è questa la strada giusta da percorrere se si vuole accettare la sfida della digitalizzazione dei servizi della Pubblica Amministrazione.