Da qualche settimana l’obbligo di fattura elettronica è attivo per tutte le Pubbliche Amministrazioni, comprese quelle locali, per un totale di oltre 20.000 enti.
Da tempo gli esperti sostengono che i benefici della digitalizzazione saranno ben più evidenti – anche e soprattutto in termini economici – quando si tratterà in modo digitale non solo la fattura, ma tutto il ciclo dell’ordine.
Da questo punto di vista, la normativa sembra aiutare, soprattutto per quanto riguarda l’atto che dà inizio ad un rapporto commerciale tra PA e fornitore, cioè il contratto: infatti l’art. 11 comma 13 del D.lgs 163/2006 è stato prima modificato dall’art. 6 comma 5 del DL 179/2012 e poi ancora dal DL 145/2013; il testo attuale dispone che “ Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata.”
In sostanza, con la prima modifica si stabiliva che dal 1° gennaio 2013 il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata.
Con la seconda modifica, invece, si è adottata una formulazione più chiara riguardo alle tipologie di contratto, e si è spostato in avanti la decorrenza della stipula in forma elettronica dei contratti, disponendo che “Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata, a fare data dal 30 giugno 2014 per i contratti stipulati in forma pubblica amministrativa (atto pubblico e scrittura privata autenticata) e a far data dal 1° gennaio 2015 per i contratti stipulati mediante scrittura privata.”
La modifica del Codice dei Contratti fa riferimento alle disposizioni contenute nel D.lgs 110/2010, che ha introdotto la disciplina dell’atto pubblico informatico nella legge notarile (L. 89/2013).
Sul tema si è espressa anche l’AVCP (ora ANAC), con la Determina 1/2013, definendo che “i contratti pubblici di cui all’art. 3 del medesimo Codice debbano essere redatti, a pena di nullità, o mediante atto pubblico notarile informatico o in forma pubblica amministrativa, con modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, o mediante scrittura privata; per la scrittura privata, quindi, resta ammissibile la forma cartacea e le forme equipollenti ammesse dall’ordinamento; la “modalità elettronica” della forma pubblica amministrativa possa essere assolta anche attraverso l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa,nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 25, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e dall’Art. 52 bis L. 89/2013, modificato dal D.lgs. 110/2010, inserendo nell’atto una dicitura apposita di riconoscimento della firma.
Questa ultima eventualità può essere un utile accorgimento per il contraente (pubblico o privato) che non avesse ancora a disposizione un dispositivo di firma digitale, anche se ormai tutti i funzionari delle Amministrazioni e i fornitori dovrebbero possederne almeno uno.
Secondo l’interpretazione prevalente, la normativa sul contratto informatico si applica solo a quanto disciplinato dal codice dei contratti – quindi ad appalti di lavori, forniture, e servizi – rimanendo così esclusi i contratti che rientrano nell’ambito privatistico o che coinvolgono la PA e persone fisiche (diritto di superficie, locazioni, concessioni, ecc.).
In questi ultimi casi, il contratto può continuare ad essere sottoscritto in forma cartacea; nell’ottica di una digitalizzazione di tutti i documenti, deve essere trasformato in file, allegando una dichiarazione di conformità all’originale cartaceo sottoscritta con firma digitale da parte del pubblico ufficiale.
Ovviamente viene fatta salva la possibilità di sottoscrivere comunque il contratto in formato elettronico, qualora anche l’altra parte avesse la firma digitale: infatti, non si può applicare alle scritture private la disposizione prima citata sull’autentica di firma, in quanto l’atto cambierebbe la forma e si trasformerebbe da scrittura privata ad atto autenticato, con un diverso regime fiscale.
La casistica delle fattispecie contrattuali è molto ampia e va al di là di quelle citate: infatti, la maggior parte dei contratti viene conclusa inviando una o più richieste di preventivo, e la procedura si conclude con l’esame delle offerte e la formalizzazione dell’impegno di spesa con il fornitore prescelto; da ultimo, si invia la successiva conferma d’ordine con i riferimenti necessari.
Questa fattispecie è prevista dall’art. 334 comma 2 del DPR 207/2010, secondo cui “Il contratto affidato mediante cottimo fiduciario è stipulato attraverso scrittura privata, che può anche consistere in apposito scambio di lettere con cui la stazione appaltante dispone l’ordinazione dei beni o dei servizi, che riporta i medesimi contenuti previsti dalla lettera di invito.”
E’ vero che con le ultime normative sugli acquisti, le PA fanno ricorso nella maggior parte dei casi al mercato elettronico (MEPA e altre centrali di committenza), e quindi lo scambio di documenti avviene attraverso la piattaforma dedicata, e da tempo è prevista l’obbligatorietà della sottoscrizione con firma digitale sia per l’Amministrazione ordinante e per il fornitore: quindi i documenti prodotti in questo ambito rispettano quanto previsto in tema di contratti digitali.
Ma anche in tutti i casi in cui l’Amministrazione stipula contratti con fornitori al di fuori delle piattaforme di acquisto centralizzate, tutti gli atti scambiati tra PA e fornitore debbono essere “nativamente digitali”: infatti, la sanzione prevista dall’art. 11 comma 13 del D.lgs 163/2006 già citato è la nullità del contratto.
La normativa appena esaminata è assolutamente utile, perchè completa il quadro della dematerializzazione dei documenti, sia per le Amministrazioni e sia per le imprese, e – alla luce della fattura elettronica – permette di affermare che il primo tassello della dematerializzazione del ciclo dell’ordine può dirsi completato.
Alla sottoscrizione di un contratto (in particolare con atto pubblico e scrittura privata autenticata) sono collegati anche degli adempimenti fiscali, primo fra tutti la registrazione dell’atto presso l’Agenzia delle Entrate; anche su questo versante il processo può essere condotto esclusivamente con modalità informatica, utilizzando un sistema di cui – fino a poco tempo fa – hanno usufruito solo i notai, e adesso è a disposizione anche per le Amministrazioni in cui è presente un ufficiale rogante per la stipula dei contratti.
Si segnala a questo proposito il caso virtuoso dell’Agenzia del Territorio di Trento, che ha predisposto un apposito percorso formativo per i Comuni, e pubblica periodicamente l’elenco dei Comuni che hanno utilizzato il sistema, oltre ai manuali di istruzione.
Per quanto riguarda le scritture private, ed in particolare per i contratti di locazione, è richiesta la registrazione: anche su questo versante è attivo da gennaio 2015 un apposito servizio dell’Agenzia delle Entrate (RLI web) che permette l’invio del documento e il pagamento delle tasse previste.
Per tutte le altre tipologie di scritture private, per cui sia necessaria la registrazione presso l’ufficio delle Entrate, non è previsto nessun sistema di invio; in questo caso, sarebbe opportuno un indirizzo chiaro che – sulla scia di quanto già accade – permettesse l’utilizzo delle tecnologie, in coerenza con la forma digitale del documento.
Alcune Direzioni territoriali dell’Agenzia delle Entrate hanno dato indicazioni sulla registrazione, precisando che può essere effettuata anche presentando la copia conforme cartacea del contratto digitale, quindi utilizzando gli strumenti “tradizionali”.
E’ bene evidenziare che i sistemi di registrazione telematica dei contratti sono invece utilissimi e andrebbero incentivati, perchè da un lato permettono di effettuare l’attività in minor tempo ed evitano di recarsi di persona all’ufficio competente, e dall’altro lato perchè – venendo meno il concetto di originale e di copia (si parla invece di duplicati informatici, art. 23 bis CAD) l’imposta di bollo viene corrisposta con un importo minore, e pagata sempre in modalità telematica, quindi con un risparmio di imposta da parte del fornitore.
Nella sottoscrizione digitale dei contratti, ci sono due aspetti a cui porre attenzione:
-
negli atti pubblici e scritture private autenticate, la presenza del pubblico ufficiale rogante garantisce la certezza della data di sottoscrizione delle parti; le scritture private, invece, possono essere sottoscritte anche in tempi e luoghi diversi: quindi occorrerebbe apporre o la marca temporale, oppure utilizzare la segnatura di protocollo (per l’invio dell’atto da firmare e la ricezione del contratto firmato) come riferimento temporale per la validità della firma.
-
la firma digitale apposta da soggetti che agiscono non per conto proprio, ma in nome dell’organizzazione a cui appartengono, dovrebbe contenere anche il riferimento alla specifica funzione: a questo proposito, l’art. 28 del CAD disciplina i certificati qualificati, e il successivo DPCM di attuazione dà mandato ad AGID di deliberare le modalità operative, che però al momento non sono ancora state emanate.
La normativa sui contratti digitali si può considerare come un’applicazione del principio più generale sancito dall’art. Art. 5-bis del CAD, secondo cui i rapporti tra PA e imprese debbono avvenire in modalità elettronica, e del più generale obbligo di utilizzo delle tecnologie informatiche.
Sarebbe opportuno chiudere il cerchio, adeguando di conseguenza anche normative risalenti nel tempo, come ad esempio quella (Art. 67 del DPR 131/1986) che prevede la tenuta del Repertorio degli atti formati da pubblici ufficiali, per cui attualmente c’è ancora l’obbligo di vidimazione presso l’Agenzia delle Entrate, non essendo stato ancora previsto un analogo repertorio informatico.
Inoltre, dal punto di vista delle procedure interne alle Amministrazioni, il contratto è preceduto e accompagnato da atti amministrativi (deliberazioni, determinazioni, ecc.) per i quali non esiste nessun obbligo giuridico relativo alla forma digitale nativa del documento, tanto che in moltissime Amministrazioni questi atti vengono prodotti e sottoscritti in forma cartacea: forse, anche da questo punto di vista, sarebbe opportuna una normativa più incisiva, finalizzata ad una reale digitalizzazione del processo contrattuale.
Leggi il testo dell’articolo pubblicato su Agendadigitale.eu
Quando si parla di “trasformazione in file del contratto cartaceo con allegata conformità”, è il caso in cui si vuole “digitalizzare” i contratti cartacei, e quindi scansionarli; in base all’art. 22 e seguenti del CAD, al file va aggiunta la dichiarazione di conformità all’originale, con un’apposita dicitura che può essere anche inserita nella firma PADES (cioè in formato PDF): ES: Si attesta che il presente atto è conforme all’originale.
La firma deve essere apposta da un pubblico ufficiale (come ad esempio, il segretario comunale o il responsabile del protocollo informatico)
La conformità all’originale non è un’autentica.
Se invece una delle 2 parti (ad esempio il contraente privato) non ha a disposizione la firma digitale e invece il Dirigente del Comune sì, come ci si comporta?
Si tratterebbe di autenticare la firma autografa di un contraente, apposta su un contratto cartaceo, poi scansionato in file per apporre la firma digitale del Dirigente del Comune.
Era solo per dire che il “procedimento misto” non si può fare, perchè l’attestazione di autenticità (da parte del Dirigente o da parte di altro soggetto) della firma autografa del contraente provato equivarrebbe a trasformare la scrittura privata in scrittura autenticata, con diverso regime giuridico e fiscale.
Infatti, come detto più sopra, “la “modalità elettronica” della forma pubblica amministrativa viene assolta anche attraverso l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa,nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 25, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e dall’Art. 52 bis L. 89/2013, modificato dal D.lgs. 110/2010 – inserendo nell’atto una dicitura apposita di riconoscimento della firma.” e può essere utilizzata solo per le scritture autenticate o atto pubblico.